Lac Gelé e Monte Avic - 23 luglio 2006
Partenza: Champdepraz - parcheggio Loc. La Veulla (mt. 1301)
Difficoltà: E+
Periodo consigliato: luglio/settembre
Dislivello: mt. 1544 da La Veulla a Punta Medzove, mt. 645 da Punta
Medzove a Rif. Barbustel, mt.899 da Rif. Barbustel a La Veulla
Segnavia: 5C-6-5C-5
Tempi percorrenza: da La Veulla a Lac Gelé ore 4, da Lac
Gelé a Gran Lago ore 2.30, da Gran Lago a Rif. Barbustel ore
1.40, da Rif. Barbustel a La Veulla ore 2.40 (itinerario circolare)
Acqua: partenza, Lac Gelé, Gran Lago, Rif. Barbustel, Alpe Leser Damon, sorgente dopo ponte a valle sul torrente Chalamy
Note: sicuramente una delle più belle escursioni per la
combinazione di percorsi ed ambienti diversi, consigliabile
suddividerla in 2 giorni con pernottamento presso il Rif. Barbustel
Precauzioni particolari: prestare attenzione in discesa dalla Punta Medzove verso il Gran Lago poiché su
terreno friabile
Equipaggiamento particolare: non usare scarponi troppo morbidi, equipaggiamento per pernottamento in rifugio (vedi
pagina attrezzatura), bastoncini da trekking
Mappa Open Street Map:
OSM Mapnik
PREMESSA
Questo é sicuramente uno dei
più bei percorsi circolari che si possono fare nel parco.
Si può ovviamente percorrerlo nei due sensi ma io preferisco
questo poiché si arriva in rifugio dopo una giornata di cammino
e si apprezza di più il pernottamento. In alternativa si
può salire dal Lago della Serva, pernottare in rifugio e
salire il giorno dopo al Gran Lago per scendere dal Lago Gelato. Avendo
nel 2006 già percorso il sentiero fino al Lago della Serva e non
avendo particolare simpatia per il tratto finale del sentiero che
scende dal Lac Leser (ripido e interminabile in discesa,
figuriamoci in salita) la scelta per noi è stata quasi
obbligata.
Si vedano anche in merito la
scheda del Rifugio Barbustel e relativa
galleria fotografica.
ITINERARIO SINO RIF. BARBUSTEL (Sent. 6-5C-102)
Si parte dal solito parcheggio di La Veulla e si segue la mulattiera
lastricata che diviene una bella strada poderale nel bosco fino a
Località Magazzino ove vi è un crocicchio di vie. Da qua
si prende a destra il sentiero n° 6 che sale fino a incontrare il
fianco della montagna per poi piegare a sinistra superati due
ponticelli in
legno. Si prosegue parallelamente alla strada che porta all'Alpe Serva
Desot fino a intravederla dall'alto. E' in corrispondenza di questo
tratto che il sentiero si alza con alcune gradinate di pietra. Il bosco
è sempre abbastanza fitto, di larici e pini e ad un tratto
appare fra gli alberi il Monte Avic che
comincia ad avvicinarsi. Il sentiero del Lac Gelé in
realtà é un po' monotono in quanto abbbastanza
rettilineo, segue il torrente incuneandosi nel suo vallone a fianco del
Bec Espic, un picco che si innalza alla nostra sinistra. Lo
sorpasseremo innalzandoci un poco alla volta finché, nel tratto
finale, lo vedremo lontano e più basso di noi. Il bosco di pini
e larici a poco a
poco diviene un bosco di pino uncinato, più basso e rado e che
non ci ripara più dal sole. Considerato che nel tratto iniziale
siamo comunque bassi e nel tratto finale siamo oltre il limite degli
alberi il caldo si fa sentire. Superato il limite degli alberi il
sentiero tocca un paio di piccoli ruscelli avvicinandosi sempre al
fianco della montagna e innalzandosi con alcuni tornanti. La
destinazione appare essere un gradino sassoso che è in effetti
formato da dei muretti a secco e detriti del minerale delle miniere:
una volta raggiuntolo
(ormai sono oltre 3 ore di cammino) ci troveremo in una conca pietrosa
dove il sentiero (di sassi anch'esso) si innalza su muretti di pietra
onde superare gli avvallamenti. Quando siamo arrivati nel 2003 la
strada sembrava interminabile, si è messo a piovere e ci ha
colto un senso di sconforto, pensavamo che il lago fosse dietro
l'angolo.
Invece passata la conca dove regna sempre il silenzio rotto solo dal
rumore secco dell'acqua che scorre sui sassi, il sentiero piega ancora
a sinistra e sale alcuni tornanti. Si passa accanto al primo cunicolo
della miniera dove abbiamo sostato al riparo dalla pioggia sotto una
roccia. Ripreso il fiato abbiamo percorso gli ultimi tratti su detriti
(il sentiero è comunque sempre evidente) fino a sbucare il
una piazzola pavimentata dove alla destra del sentiero si apre un
secondo cunicolo. Poco più avanti appare il lago ed il quel
momento è tornato un pallido sole a crearne riflessi sulla
superficie per ripagarci della fatica. Dopo un giretto sulle rive siamo
saliti al casotto del Corpo Forestale dal quale si gode un panorama
più ampio anche verso la valle ed il Monte Rosa. Siamo alle
spalle del Monte Avic che ha un aspetto completamente diverso da come
appare dal fondovalle. Da lì si può proseguire
eventualmente per il Monte Iverta (sx orografica del lago) o verso il
Gran Lago (sentiero sulla dx orografica).
La sorpresa è stata prima del lago, in corrispondenza del
secondo cunicolo della miniera: sulle rocce a destra (sopra le quali si
trova il casotto forestale) era di vedetta uno stambecco maschio
solitario. Era a 30 mt da noi, per nulla preoccupato dai visitatori
visto che erano appena scesi dei ragazzi che ci avevano sorpassato
salendo, tranquillo e si è fatto fotografare in posa dinanzi
all'Avic ed al Monte Rosa per poi allontanarsi verso valle. Al lago non
ci siamo fermati molto (dalle 12.30 alle 13.30) causa un nuvolone che
destava qualche preoccupazione. Ma la sorpresa è stata nel
preparare gli zaini poiché il nostro amico (che avevamo subito
ribattezzato Matusalemme poiché era uno stambecco di 16 anni)
è sbucato fuori a 10-15 mt da noi dietro la lapide innanzi al
casotto e poi sulla roccia a guardarci. Sembrava aspettare che gli
gettassimo qualcosa da mangiare. Purtoppo il minimo movimento di
spostarci (per inquadrare noi asieme a lui) lo ha fatto ritrarre
dietro le rocce per poi riapparire dall'altra parte a guardare la valle
e, dopo un giro attorno al casotto, allontanarsi di un centinaio di
metri. Quando ci siamo incamminati verso il lago lo abbiamo intravisto
ancora vicino al casotto per vedere se trovava qualcosa da mangiare,
non avendo altro per ringraziarlo delle foto che mi aveva concesso,
avevo vuotato il contentore (tubetto da pellicola fotografica) di sale,
uso bivacco, su di un sasso certo che lo avrebbe apprezzato.
Si segue l'indicazione del cartello, il sentiero si tiene sulla dx
orografica del lago fino ad arrivare all'estremità opposta fra
massi poco sopra il bordo dell'acqua. E' facile trovare qualche
accumulo di neve. Dopodichè prende a salire, non in modo
eccessivo, fino alla sommità dell'avvallamento, sempre sassoso ed
un po' friabile (non so come possa essere in discesa). Incontravamo
gruppi che facevano il nostro percorso in senso opposto e più su
altri che si erano fermati presso il Lac des Heures. Questo laghetto si
trova su un pianoro desertico (qua di erba ce ne é proprio poca,
tutti sassi e ghiaietto), al di sopra del limite dell'avvallamento
visibile dal lago. Ma si sale ancora: si segue il sentiero lasciando il
lago sulla destra fino a portarsi in cresta. E qua ci siamo fermati a
prendere fiato poiché non era ora di scendere: oltre la cresta
c'è il vallone di Savoney che scende verso la valle centrale.
Noi saliamo ancora seguendo la cresta che ci da modo di vedere da un
lato il Monte Rosa e dall'altro il vallone di Savoney oltre al Gran
Lago che comincia ad apparire. La vetta, ossia la Punta Medzove, non
è segnata se non da uno dei numerosi cartelli di divieto di
caccia, occorre andare ad occhio poiché la cresta appare
come una enorme gobba (ore 1.30 dal Lac Gelé). Dopo si comincia
a scendere sempre in cresta e poi sul fianco di quello che appare come
un grande panettone fino ad un colletto a quota 2798 (dall'altra parte
il Monte di Bel Plat) dove il sentiero lascia la cresta per scendere
ripido verso i prati che danno accesso al Gran lago. Questo
è il tratto più sconnesso e friabile del percorso, ma
arrivati alla base è un vero sollievo ritrovare morbidi prati
su cui rilassare le ginocchia . Si passa vicino ad un laghetto e
a zone di ruscelli ferruginosi con fioriture di eriofori fino a puntare
decisi il casotto forestale situato poco sopra il Gran Lago (ore 2.30
dal Lac Gelé).
Dopo una sosta a chiacchierare con gente che arrivava dall'altra parte
(cioè che era salita dal rifugio) siamo ripartiti. Si costeggia
il Gran Lago fino all'emissario dove vi è una antica diga di
contenimento, poi il sentiero diviene lastricato e sassoso e scende
con diversi tornanti verso i prati dell'Alpe Pesonet. Questa zona
pianeggiante è una grande conca verde circondata da pareti
rocciose dalle quali scendono le acque del torrente Chalamy (emissario
del Gran Lago). Siamo a circa 1 ora di discesa da quando abbiamo
lasciato il Gran Lago e la stanchezza comincia a farsi sentire, nella
nostra mente vediamo già gli accoglienti letti del rifugio. Si
rientra nel bosco (di larici questa volta) e si seguono il corso del
torrente prima e le rive del Lac Cornù (Lago Cornuto) poi, ma
noi siamo ben più in alto. Solo dopo il sentiero si abbassa
velocemente ed appaiono il Lago Bianco (a sinistra) ed il Lago Nero (a
destra). Superato il ponte sull'emissario del Lago Nero (che diviene
immissario del Lago Bianco) resta da affrontare la piccola salita che
porta al rifugio.
A quell'ora il sole è calato (circa le 18) e in rifugio vi sono
solo gli ospiti che passeranno la notte. Il tempo di sistemarci nella
camera, una doccia, un assaggio della branda e poi a cena verso le
19.30. Per il menù consigliatissimo il minestrone. Con noi in
rifugio 10 olandesi che da soli fanno un tavolo più altri
quattro olandesi: papà, mamma, bambino e bambina tutti biondo platino che
dividono con noi il nostro, ed altri due signori italiani. Dopo cena
una tisana, due foto all'imbrunire (ma il cielo si è
rannuvolato) e due chiacchiere col gestore che parla di come abbiano
realizzato la nuova guida con cartina del parco.
RIENTRO (Sent. 5)
Al mattino siamo i primi a svegliarci, poco dopo i 10 olandesi che
prenderanno con grossi zaini , la strada del Gran Lago. La famigliola
dorme ancora. Malgrado l'affollamento la notte non si è sentito
un rumore, neppure quando sono rientrati la sera. Dopo colazione
salutiamo l'indaffaratissimo gestore e lasciamo il rifugio alle 8.
L'aria del
mattino è fresca e il sole ci raggiungerà solo un'ora e
mezza più tardi. Scendiamo dietro il rifugio, opposto al Lago
Bianco. Appare subito il Lago Vallette e poco dopo la deviazione a
destra per il Colle de la Croix. Il percorso riprende il tratto di
discesa dell'escursione
E02. Lo
riassumo: si passa una zona acquitrinosa, poi il sentiero diviene
di nuovo sassoso e scende a mezzacosta sull'orlo del precipizio (si
può vedere il lontananza l'Alpe Coucy) passando alcuni
ponticelli ricostruiti di recente. Scende sempre ripido , passa una
piramide di segnalazione e giunge al Lac Leser (circa 1 ora dal
rifugio), dove ci siamo fermati a fotografare le rane nel silenzio del
mattino. Ripartiti ci lasciamo sulla destra il sentiero 4 e poi
percorriamo un avvallamento nel bosco di larici e pini uncinati
sempre molto rari fino all'Alpe Serva Damon (ore 1.30 dal rifugio), poi
oltrepassate le case si ritrova la traccia che entra nel bosco e si
scende di nuovo fino a passare la torbiera, zona di studio delimitata
da steccati. Non ci siamo fermati a causa delle zanzare ma poco
più avanti abbiamo fatto sosta all'Alpe Serva Desot per
consumare le provviste avanzate poichè la colazione ormai era
bruciata (ore 2 dal rifugio). Erano circa le 10, era arrivato il sole
e, anche per la differenza di quota, il caldo tornava a farsi sentire.
Il tratto finale è quello più monotono che non amo
particolarmente, nel bosco, fitto ma afoso e ripido, un po' alla volta
appaiono lontane fra gli alberi le case ed il campanile di La Veulla,
si sentono i rumori del fondovalle. Quando finalmente vedrete un ruscelletto
sarete appena sopra il torrente Chalamy, poco dopo vi è una
sorgente, poi è strada poderale che aggira l'abitato dal basso
riportandoci al parcheggio dal quale siamo partiti (ore 1.40 da Serva
Desot, 3.40 dal rifugio).
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